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rispose Gioan Bruno, padre del Nolano: «Mai fuste
più pazzo che adesso».
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Letteratura italiana Einaudi
Giordano Bruno - De gli eroici furori
cicada Volete dumque che colui che è triste sia savio,
e quell altro ch è più triste, sia più savio?
tansillo Non, anzi intendo in questi essere un altra
specie di pazzia, et oltre peggiore.
cicada Chi dumque sarà savio, se pazzo è colui ch è
contento, e pazzo è colui ch è triste?
tansillo Quel che non è contento né triste.
cicada Chi? quel che dome? quel ch è privo di senti-
mento? quel ch è morto?
tansillo No: ma quel ch è vivo, vegghia et intende; il
quale considerando il male et il bene, stimando l uno
e l altro come cosa variabile e consistente in moto,
mutazione e vicissitudine (di sorte ch il fine d un con-
trario è principio de l altro, e l estremo de l uno è co-
minciamento de l altro), non si dismette, né si gonfia
di spirito, vien continente nell inclinazioni e tempera-
to nelle voluptadi: stante ch a lui il piacere non è pia-
cere, per aver come presente il suo fine. Parimente la
pena non gli è pena, perché con la forza della consi-
derazione ha presente il termine di quella. Cossì il sa-
piente ha tutte le cose mutabili come cose che non so-
no, et afferma quelle non esser altro che vanità et un
niente: perché il tempo a l eternità ha proporzione
come il punto a la linea.
cicada Sì che mai possiamo tener proposito d esser
contenti o mal contenti, senza tener proposito de la
nostra pazzia, la qual espressamente confessiamo; là
onde nessun che ne raggiona, e per conseguenza nes-
sun che n è partecipe, sarà savio: et infine tutti gli
omini saran pazzi.
tansillo Non tendo ad inferir questo, perché dirò mas-
sime savio colui che potesse veramente dire talvolta il
contrario di quel che quell altro: «Giamai fui men alle-
gro che adesso» over: «Giamai fui men triste che ora».
cicada Come non fai due contrarie qualitadi dove son
doi affetti contrarii? perché, dico, intendi come due
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Letteratura italiana Einaudi
Giordano Bruno - De gli eroici furori
virtudi, e non come un vizio et una virtude, l esser mi-
nimamente allegro, e l esser minimamente triste?
tansillo Perché ambi doi li contrarii in eccesso (cioè
per quanto vanno a dar su quel più) son vizii, perché
passano la linea; e gli medesimi in quanto vanno a dar
sul meno, vegnono ad esser virtude, perché si conte-
gnono e rinchiudono intra gli termini.
cicada Come l esser men contento e l esser men triste
non son una virtù et uno vizio, ma son due virtudi?
tansillo Anzi dico che son una e medesima virtude:
perché il vizio è là dove è la contrarietade; la contrarie-
tade è massime là dove è l estremo; la contrarietà mag-
giore è la più vicina all estremo; la minima o nulla è nel
mezzo, dove gli contrarii convegnono e son uno et in-
differente: come tra il freddissimo e caldissimo è il più
caldo et il più freddo; e nel mezzo puntuale è quello che
puoi dire o caldo e freddo, o né caldo né freddo, senza
contrarietade. In cotal modo chi è minimamente con-
tento e minimamente triste, è nel grado della indifferen-
za, si trova nella casa della temperanza, e là dove consi-
ste la virtude e condizion d un animo forte, che non
vien piegato da l Austro né da l Aquilone. Ecco dum-
que (per venir al proposito) come questo furor eroico,
che si chiarisce nella presente parte, è differente da gli
altri furori più bassi, non come virtù dal vizio: ma come
un vizio ch è in un suggetto più divino o divinamente,
da un vizio ch è in un suggetto più ferino o ferinamente.
Di maniera che la differenza è secondo gli suggetti e
modi differenti, e non secondo la forma de l esser vizio.
cicada Molto ben posso da quel ch avete detto, con-
chiudere la condizion di questo eroico furore che di-
ce gelate ho spene, e li desir cuocenti ; perché non è
nella temperanza della mediocrità, ma nell eccesso
delle contrarietadi ha l anima discordevole: se triema
nelle gelate speranze, arde negli cuocenti desiri; è per
l avidità «stridolo», «mutolo» per il timore; «Sfavilla
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Letteratura italiana Einaudi
Giordano Bruno - De gli eroici furori
dal core per cura d altrui», e per compassion sé versa
lacrime da gli occhi; muore ne l altrui risa, vive ne
proprii lamenti; e (come colui che non è più suo) altri
ama, odia se stesso: perché la materia (come dicono
gli fisici) con quella misura ch ama la forma absente,
odia la presente. E cossì conclude nell ottava la guer-
ra ch ha l anima in se stessa; e poi quando dice ne la
sestina ma s io m impiumo, altri si cangia in sasso e
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